Una selezione di preghiere per lo Shabbat etiope, cantate da un rabbino solista e da un coro di sacerdoti, principalmente nella lingua ge’ez – un linguaggio sacro, noto solo dagli iniziati
Lo shabbat, giorno di riposo, è un’istituzione della vita ebraica. Ed i canti che ritmano questo giorno particolare, occupano un posto importante, sia alla sinagoga con i cinque uffizi da Kabbalat shabbat a Motsei shabbat, sia a casa con i rituali dell’accensione delle candele, il Kiddush (benedizione del vino) il venerdì sera, la Birkat hamazon (ringraziamento alla fine del pasto), o anche l’Havdala (l’ultimo Kiddush che chiude lo shabbat). È anche consuetudine cantare, durante i quattro pasti dello shabbat, molte poesie religiose chiamate Zemirot (o Tish nigounim dagli hassidim).
Lo shabbat rende così possibile trovare il proprio percorso interiore attraverso la sua voce esteriore.
La seguente playlist presenta una selezione di preghiere di shabbat cantate principalmente nella lingua ge’ez – un linguaggio sacro, noto solo dagli iniziati. Nella liturgia etiope i canti liturgici sono diretti da un rabbino, vero solista, al quale risponde il coro degli altri sacerdoti. Il solista – tradizionalmente la massima autorità religiosa dell’assemblea – intona la preghiera; gli altri gli rispondono unendo le loro voci.
La maggior parte delle registrazioni di questa playlist sono state effettuate in Israele da Simha Arom, Olivier Tourny, Frank Alvarez-Pereyre e Shoshana Ben-Dor, tra il 1984 e il 1991, durante le varie migrazioni dei Beta Israel, questi ebrei dall’Etiopia impropriamente chiamati Falasha (termine peggiorativo che significa “senza radici” o “esiliato”). Il rito tradizionale etiope è in via di estinzione a causa della sua normalizzazione a contatto con la società israeliana.
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