Nato il 24 luglio 1932 ad Algeri in una famiglia di musicisti – suo padre Charles era direttore di una scuola di musica – Jean-Claude Sillamy conosce fin dalla prima infanzia tutte le opere dei grandi compositori.
A nove anni dirige già una piccola orchestra sinfonica. Studente, a dieci anni, seguendo il corso superiore di solfeggio del Conservatorio di Algeri, intraprende gli studi di armonia nello stesso istituto ed ottiene un primo premio in composizione musicale su presentazione di un’opera per quartetto d’archi.
In seguito, interessandosi alla sorte di questo giovane musicista particolarmente dotato, un mecene gli fornisce i mezzi per continuare i suoi studi a Parigi. Entra così al Conservatorio Nazionale di Musica di Parigi, nella classe di contrappunto e fuga di Noël Gallon.
Allo stesso tempo, lavora per tre anni all’École Normale de Musique di Parigi, sotto la direzione di Alice Pelliot, già insegnante di Darius Milhaud e Arthur Honegger. Lavorerà anche sull’armonia e sul canto corale presso l’Istituto Gregoriano sotto la direzione di Edouard Souberbielle.
Nello stesso tempo, termina gli studi universitari (si laurea, sezione psicologia), ed inizia a frequentare i circoli ebraici, in particolare la scuola Gilbert-Bloch di Orsay. Molto interessato a questo centro di studi ebraici, inizia ad approfondire i suoi studi biblici. Ciò che colpisce di più Jean-Claude Sillamy sono i canti tradizionali eseguiti da studenti ebrei di varie comunità: Nord Africa, Europa centrale ed Orientale, Asia…
La sua curiosità è attratta dagli strani segni posti sopra il testo biblico. Ha l’intuizione che questa sia una vecchia notazione musicale, in grado di ripristinare questa famosa musica dell’antichità che si diceva fosse scomparsa per sempre. Intuisce che questi canti tradizionali sono annotati, nero su bianco in antichi segni musicali, sopra o sotto il testo della Bibbia. Questa scoperta lo sconvolge. La Bibbia sarebbe dunque un documento cantato e annotato? Si tratterebbe semplicemente di decifrare e interpretare questi geroglifici, chiamati in ebraico “Taamim” (Taam al singolare).
E’ allora che inizia la sua carriera di musicologo. Per comprendere meglio i metodi di lavoro, si iscrive all’Istituto di Musicologia di Parigi e lavora sotto la direzione del suo eminente Maestro Jacques Chailley. Per mostrare la filiazione del canto gregoriano al canto ebraico, lavora in collaborazione, e sotto la direzione di Solange Corbin, presso l’Institut des Hautes Etudes, alla Sorbona. E’ durante questo periodo che stabilisce le tavole di confronto tra le Neumes latine ed i Taamim ebraici. Entra a far parte della Società Francese ed alla Società Internazionale di Musicologia.
Dotato di un registratore, viaggia allora attraverso diversi paesi, registrando instancabilmente i canti liturgici di molte comunità ebraiche, cantati secondo i Taamim. Dedicherà diversi anni a questo lavoro di spoglio, decifrazione ed interpretazione dei nastri magnetici. I nastri sono depositati presso la Fonoteca Nazionale di Parigi, nonché presso l’Università di Gerusalemme, nel Dipartimento di Musicologia, che era allora diretto da Israel Adler.
Confrontando le melodie tra loro, per ritrovare il tema originale, formula l’ipotesi, dopo un attento lavoro, che scale molto specifiche siano all’origine di queste molteplici melodie. In questo modo risale passo dopo passo la storia della musica degli Ebrei, illuminandosi con i dati della Bibbia, visitando i più grandi musei per trovare gli strumenti antichi che servivano per produrre tale musica, di cui la Bibbia dice che era “tenera e dolce”.
Basandosi su dati di storia, di musicologia, d’archeologia, di atti notarili, di ghematria, d’astronomia, d’acustica, misurando gli intervalli musicali in collaborazione con il fisico J. Sayag, ricostruendo strumenti dell’epoca antica, riesce a scoprire delle scale sonore utilizzate per la costruzione delle melodie ebraiche.
L’analisi del Taamim ebraici gli rivela una tecnica musicale estremamente elaborata del tempo dei primi Re d’Israele che consiste nello stabilire una scala musicale in funzione ed a partire da un’altra. Se la prima scala è diatonica e austera, la seconda, costruita a partire dalla prima, è cromatica, cioè colorata, usando la seconda aumentata. Leggi rigorose presiederebbero così alla nascita delle scale sonore fondamentali e delle scale sonore complementari.
Secondo questa teoria, queste scale musicali diverse : diatonica, cromatica, enarmonica, quando provengono dalla stessa scala fondamentale, hanno la possibilità di sovrapporsi, il che consente una stupefacente polifonia che troviamo ancora oggi cantata dalle comunità ebraiche arcaiche dello Yemen o di Tunisia (Djerba).
Così, contrariamente all’opinione diffusa che fa risalire la nascita della polifonia all’apparizione delle grandi cattedrali del Medioevo, Jean-Claude Sillamy giunge alla conclusione che la polifonia è ampiamente utilizzata nel Grande Tempio di Gerusalemme, ed in particolare all’epoca del re Davide. Questa armonia è totalmente diversa dalla nostra armonia occidentale basata sulla terza e sulla funzione: tensione-rilassamento – dominante-tonica. Jean-Claude Sillamy ha lavorato per cercare questa armonia, facendo quindi astrazione di tutte le conoscenze acquisite al Conservatorio.
Per lui, tutte le musiche del mondo, e soprattutto le musiche non modulate, possiedono virtualmente in se stesse le loro proprie armonie. Cercando di riscoprire questo linguaggio melodico e armonico dell’Antichità, adattandolo al nostro sistema temperato occidentale, Jean-Claude Sillamy compone una musica originale.
Questa musica, che è il risultato di un compositore isolato, non può rientrare in nessuno degli schemi tradizionali conosciuti: musica seriale (Schönberg), musica concreta (Pierre Schaeffer)… Questa musica rompe con la disintegrazione, la scomposizione della melodia, per evidenziare “ la cantilena”, il canto, questa espressione immortale dell’animo umano.
Partendo da questo lavoro, Jean-Claude Sillamy si è dedicato al grande progetto di dare un nuovo slancio ed una nuova espressione al canto ebraico. Pubblica diversi libri e studi dedicati in particolare alle musiche ebraiche (Tentativo di ricostituzione della musica della Bibbia, 1957; La musica nell’antico Oriente (2 volumi), 1986; La musica delle comunità ebraiche del Nord Africa, 1987; uno studio sul principio di modulazione nel frammento babilonese di Ur: U. 7/80 (XVIII secolo a.C.) ( partendo da uno strumento non identificato dell’epoca: il “gis za mi”)
Circondato dai suoi cari, muore il 29 luglio 2016 ad Ajaccio.
I suoi archivi, donati all’Istituto Europeo di Musica Ebraica nel novembre 2016 dalla vedova Lina Sillamy, sono costituiti da circa 80 documenti (dischi, registrazioni sul terreno, articoli, libri, foto, ecc.) la maggior parte dei quali introvabili oggi.
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