Bruno Giner
Berg International éditeur, 2011, 192 p.
Dai primi campi punitivi del Terzo Reich alle fabbriche della morte di Treblinka e Birkenau, passando per i campi per prigionieri di guerra, l’autore racconta le attività musicali dei campi di concentramento. Ha lavorato con diversi archivi ed ha incontrato ex musicisti deportati.
Fin dall’inizio, la musica veniva utilizzata a fini repressivi: rassicurava i nuovi arrivati nei campi di concentramento, serviva per la propaganda ed accompagnava il lavoro forzato. “Quando questa musica scoppia, sappiamo che i nostri compagni, fuori nella nebbia, partono come automi; le loro anime sono morte ed è la musica che li spinge in avanti, come il vento spinge le foglie secche, e prende il posto della loro volontà”, scriveva Primo Levi.
Nei campi di sterminio dell’Aktion Reinhard, come ad Auschwitz-Birkenau, le note della musica si alzavano nell’aria contemporaneamente al fumo dei crematori; inoltre annegavano le grida di sofferenza ed il frastuono delle esecuzioni sommarie.
La musica è stata composta nei campi di prigionieri di guerra. Se Olivier Messiaen è senza dubbio il musicista più famoso dei campi (ha composto il suo Quartetto per la fine del tempo nello Stalag di Görlitz), anche molti compositori, direttori d’orchestra e strumentisti sono stati detenuti negli Stalag e negli Oflag tedeschi.
A volte clandestina, ma più spesso “ufficiale”, la musica era parte integrante del sistema dei campi di concentramento.
Bruno Giner è un compositore. Vincitore del Prix Hervé Dugardin (assegnato dalla SACEM nel 1998), ha scritto una cinquantina di opere strumentali e vocali per vari ensemble cameristici, corali ed orchestrali. Tra le sue precedenti pubblicazioni figurano: Musique contemporaine: le second vingtième siècle (Paris, Durand, 2000); Weimar 1933, la musique aussi brûle en exil (Paris, Le Temps des cerises, 2001); Toute la musique ? (Paris, Autrement Junior, 2003); De Weimar à Térézine 1933-1945 : l’épuration musicale (Paris, Van de Velde, 2006).
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